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COLLEGATO LAVORO: E' DAVVERO FACOLTATIVA LA CONCILIAZIONE?

Una delle principali novità introdotte dal ddl 1167 (c.d. Collegato Lavoro) è rappresentata dal tentativo di deflazionare il contenzioso in materia di lavoro.
Il legislatore è pertanto intervenuto sugli strumenti che caratterizzavano il processo del lavoro, rendendo facoltativa la conciliazione stragiudiziale.


Prima del collegato lavoro, chi voleva instaurare un procedimento dinanzi all’Autorità Giudiziaria era tenuto a richiedere la convocazione delle parti avanti una commissione di conciliazione istituita presso la competente Direzione Provinciale del Lavoro, e ciò al fine di verificare in tale sede la possibilità di transigere la controversia stragiudizialmente. L’omissione di tale procedura determinava l’improcedibilità del ricorso proposto.


Oggi si prevede che l’esperimento del tentativo di conciliazione sia rimesso alla volontà dell’istante e l’eventuale omissione dell’esperimento della procedura conciliativa non avrà alcun effetto sul successivo giudizio di merito.
L’unica ipotesi in cui il tentativo di conciliazione rimane obbligatorio riguarda i contratti di lavoro certificati dalle apposite commissioni, ai sensi dell’art. 80 della Legge Biagi.


Ma quali sono i soggetti dinanzi ai quali sarà possibile esperire la procedura conciliativa?


Oltre alle normali sedi, quali la Direzione Provinciale del lavoro competente per territorio e la sede sindacale, viene introdotta la possibilità di esperire il tentativo di conciliazione anche dinanzi alle commissioni di certificazione previste dal D.lgs. n. 276 del 2003: ovvero quelle costituite presso gli Enti bilaterali, le Direzioni provinciali del Lavoro, le Province, le Università pubbliche e private, la Direzione Generale della Tutela delle Condizioni di Lavoro del Ministero del Lavoro ed i consigli provinciali dei consulenti del lavoro.
Presso ciascuna commissione però sarà prevista una differente procedura conciliativa.


E dinanzi le commissioni di conciliazioni appositamente istituite presso la Direzione Provinciale del Lavoro?


La procedura si apre con una richiesta contenente l’indicazione delle parti e le ragioni di fatto e di diritto a sostegno della propria pretesa.
Tale richiesta dovrà essere inviata anche alle controparti e servirà ad interrompere la prescrizione e a sospendere il decorso di ogni termine di decadenza, per tutta la durata del tentativo e per i 20 giorni successivi alla sua conclusione. Se la controparte accetta la procedura di conciliazione, dovrà depositare entro il termine di 20 giorni dal ricevimento della richiesta stessa, una memoria indicante le proprie difese ed eccezioni, sia in fatto che in diritto, oltre ad eventuali domande riconvenzionali.


La comparizione delle parti dovrà avvenire entro i successivi 30 giorni. Alla data della comparizione, se le parti non trovano un accordo, la commissione dovrà formulare una proposta di bonaria definizione della controversia, i cui termini dovranno essere riassunti nel verbale insieme alle valutazioni delle parti.


E in caso di mancato accordo?


Ebbene, anche l’art. 411 c.p.c. ha subito delle variazioni: in caso di mancato accordo, la commissione di conciliazione dovrà formulare una proposta per la definizione della controversia i cui termini dovranno essere riassunti nel verbale unitamente alle valutazioni delle parti.


Il Giudice del successivo giudizio di merito, non solo dovrà tenere in considerazione tale verbale -è previsto addirittura che i verbali e le memorie concernenti il tentativo di conciliazione non riuscito dovranno essere allegati al ricorso depositato- ma dovrà a sua volta formulare nel corso della prima udienza una proposta transattiva che, in caso di rifiuto ingiustificato, potrà costituire comportamento valutabile ai fini della decisione.


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