Lo Studio Legale Nappo nasce con l’obiettivo di offrire alla Clientela assistenza e consulenza con particolare attenzione alle questioni riguardanti il diritto commerciale e societario, il diritto tributario, il diritto informatico, la contrattualistica, la protezione dei dati, i marchi e brevetti, nonché in ambito di diritto del lavoro e previdenziale, offrendo al cliente strumenti validi e continuità del servizio, serietà, competenza, preparazione e celerità d'azione per rispondere in tempo reale alle problematiche sottoposte. L’attività professionale offerta è sia di carattere stragiudiziale, sia di carattere giudiziale avanti a tutte le Magistrature. Attualmente l'Avv. Milena Nappo è DPO Certificato e Gestore della Crisi da Sovraindebitamento, è inserito nell'elenco dei legali esterni di ANAS Emilia Romagna e del Comune di Terre del Reno, è consigliere del Gruppo Professioni CNA di Ferrara e membro del CID CNA Impresa Donna Ferrara, è consulente per ASPPI Ferrara - Poggio Renatico, e fa parte della prestigiosa associazione Fidapa BPW Italy.

Suprema Corte di Cassazione - Sezione Lavoro - Sentenza 22 maggio 1999 n. 5000

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Sentenza del 22 maggio 1999 n. 5000
Motivi della decizione

Con il primo motivo la difesa del ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 342 c.p.c., con inammissibilità o nullità dell'appello. Sostiene che l'INPS, nel proprio atto di appello, "non ha censurato in alcuna sua parte la sentenza di primo grado, limitandosi a sostenere l'erronea valutazione del certificato di assenza al domicilio redatta dal sanitario". Rileva che dagli atti di causa risultava che "il medico ha dichiarato, come risulta dalla lettera dell'USSL, di non aver suonato il citofono ma bussato alla porta" e che in nessun atto "risulta dichiarato che il medico abbia suonato il campanello".



Da ciò deriverebbe la inammissibilità o nullità dell'appello, essendo questo fondato su una circostanza accertata in causa; e non essendo soddisfatto il requisito della specificità dei motivi di tale mezzo di impugnazione.Con il secondo motivo, denunciando violazione e falsa applicazione dell'art. 2699 c.c., la difesa del ricorrente sostiene che il referto medico redatto dalla dott.ssa Z non riveste la qualifica di atto pubblico per vizio di forma, essendo sprovvisto di numero ed essendo incerta la data nella quale è stata effettuata la visita.
L'USSL aveva infatti comunicato che la visita si presumeva effettuata il 2 e non il 3 luglio perché la stessa, secondo il medico incaricato del controllo, era inserita fra quelle del 2 luglio.

Suprema Corte di Cassazione - Sezione Lavoro - Sentenza 02 marzo 2004 n. 4247

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONE LAVORO
Sentenza n. 4247 del 02.03.2004
Motivi della decisione


Con l'unico motivo, il ricorrente denuncia violazione e falsa applicazione dell'art. 5 comma 14 della legge 11 novembre 1983 n. 638, nonché omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione in relazione alle medesime norme sopra richiamate (art. 360 nn. 3 e 5 codice di procedura civile).


I giudici di appello non avevano tenuto conto del fatto che il X si era sottoposto alla misurazione della pressione, a seguito della diagnosi di "epistassi posteriore in paziente affetto da ipertensione arteriosa". Si trattava, pertanto, di una prestazione ambulatoriale, urgente e tale da non consentire differimento alcuno. Il X era stato ricoverato per tale malattia ed era stato costretto nuovamente al ricovero anche dopo la visita di controllo del 5 settembre 1998, a causa di epistassi da sanguinamento di varici del setto nasale da crisi ipertensiva.


La decisione impugnata, osserva il ricorrente, si pone in contrasto con la disposizione dell'art. 5 della legge n. 638 del 1983, per la quale il giustificato motivo di assenza dal domicilio non deve necessariamente correlarsi con uno stato di urgenza e necessità, ma sussiste anche ove l'assenza sia connessa con la tutela di un interesse apprezzabile sul piano giuridico-sociale.
Il ricorso non è fondato.










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Con motivazione adeguata e sufficiente, che sfugge alle censure di violazione di legge denunciate, i giudici di appello hanno esaminato le giustificazioni fornite dall'assicurato, concludendo che l'assenza dello stesso dal proprio domicilio non poteva dirsi giustificata. Si tratta di accertamento di merito, incensurabile in questa sede di legittimità.


Tale accertamento non si pone in contrasto con i principi consolidati formulati dalla giurisprudenza di questa Corte, secondo i quali l
'assenza ad una visita di controllo domiciliare può dirsi giustificata solo dalla sussistenza di un motivo molto serio, concretantesi nella insuperabile necessità di effettuare un determinato adempimento in orario ricompreso nella fasce orarie di reperibilità. L'onere di fornire tale prova, ovviamente, è a carico del lavoratore il quale ne alleghi, a propria giustificazione, a ricorrenza (Cass. 23 dicembre 1999 n. 14503).


Ai fini della sussistenza di un giustificato motivo di assenza all'obbligo della visita domiciliare a domicilio, è necessario laddove il lavoratore alleghi di essersi dovuto allontanare dal proprio domicilio per recarsi dal medico curante per una visita ambulatoriale, che
il lavoratore dimostri sia la necessità di tale visita medica, sia la assoluta impossibilità di rispettare le fasce orarie di reperibilità (Cass. 27 settembre 1996 n. 8553, 11 marzo 1996 n.1958).


Il lavoratore assente dal lavoro per malattia - ove deduca come giustificato motivo della non reperibilità alla visita domiciliare di controllo di avere nell'occasione, effettuato una visita presso il medico di fiducia - deve provare che la causa del suo allontanamento dal domicilio durante le fasce orarie, pur senza necessariamente integrare una causa di forza maggiore, costituisca, a
l fine della tutela della salute, una necessità dell'assenza dal lavoro quale mezzo per curare la malattia (Cass. 7 ottobre 1997 n. 9731).
È necessario in altri termini che il lavoratore provi che la sua assenza è stata determinata da situazioni tali da comportare adempimenti non effettuabili in ore diverse da quelle di reperibilità (Cass. 4 marzo 1996 n.1668).


Si tratta di onere probatorio certamente gravoso, ma non impossibile, e quindi esigibile. Nel caso in esame, il Tribunale ha spiegato - con ampie argomentazioni - che nessuna prova suffragava la dedotta indifferibilità della visita ambulatoriale prescelta in concreto dal X.
La prestazione richiesta dal X al proprio medico curante, hanno osservato i giudici di appello, non poteva dirsi urgente e comunque la stessa era sicuramente prevedibile e quindi - proprio in quanto tale - avrebbe potuto essere preventivamente comunicata all'Istituto previdenziale.


Deve pertanto concludersi che nel caso di specie il ricorrente avrebbe dovuto dimostrare non solo che la operazione eseguita ("misurazione della pressione arteriosa") fosse urgente e indifferibile, ma anche che le modalità da lui prescelte per realizzare quella indifferibile esigenza fossero in concreto indispensabili o le sole ragionevolmente praticabili.


Nulla di tutto ciè è stato non solo dimostrato, ma neppure dedotto dall'assicurato.


Gli stessi giudici, pertanto, hanno motivatamente concluso che - contrariamente a quanto sostenuto dal Pretore - nel caso di specie l'onere di doverosa collaborazione del lavoratore, ai fini della realizzazione delle condizioni richieste dalla legge per l'erogazione del trattamento di malattia, e in considerazione della oggettiva limitatezza dell'ambito delle fasce orarie di reperibilità, non era stato osservato.
Il ricorso deve essere rigettato.
Nulla deve disporsi per le spese del presente giudizio, ai sensi dell'art. 152 disp. att. codice di procedura civile nel testo anteriore a quello di cui all'art. 42 comma 11 del decreto legge n. 269 del 30 settembre 2003, inapplicabile "ratione temporis" al caso di specie.

P.Q.M.


La Corte rigetta il ricorso.
Nulla per le spese del giudizio.
Così deciso in Roma, il 22 ottobre 2003.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 2 MAR. 2004.

LAVORO - E' ANCORA ASSENZA PER MALATTIA SE IL LAVORATORE NON APRE AL MEDICO LEGALE?

Di recente mi è capitato il caso di un lavoratore che, a casa per malattia, ha omesso di aprire la porta al medico legale, adducendo di non aver sentito il campanello perchè intento a parlare con due amici. Nonostante il medico avesse lasciato regolare cedolino, il lavoratore ometteva di persentarsi il giorno seguente all'INPS, non compiento perciò alcuna azione volta a cercare di recuperare la situazione creatasi.









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Ebbene, è importante sapere che la giurisprudenza è costante nel ritenere che per i lavoratori malati non è sufficiente dimostrare di essere in casa per avere diritto al trattamento economico di malattia, ma occorre anche aprire la porta al medico fiscale, non essendo una giustificazione valida affermare di non aver sentito il campanello.


Questo è il principio sancito dalla Sezione Lavoro della Corte di Cassazione. La Cassazione ha infatti respinto il ricorso di un lavoratore al quale era stata tolta l’indennità di malattia perché non aveva aperto al medico dell’INPS, risultando in tal modo assente. Nel caso posto all'esame della Cassazione, il lavoratore malato aveva sostenuto di essere in salotto con un amico e che nessuno dei due aveva sentito suonare; questi si lamentava oltretutto del fatto che il medico non avesse suonato il campanello ma si fosse limitato a "bussare" alla porta.



La Suprema Corte respingeva ogni giustificazione del lavoratore, ritenendo che "l’ingiustificata assenza del lavoratore alla visita di controllo non coincide necessariamente con l’assenza del lavoratore dalla propria abitazione, potendo essere integrata da qualsiasi condotta dello stesso lavoratore, pur presente in casa, che sia valsa ad impedire l’esecuzione del controllo sanitario per incuria, negligenza o altro motivo non apprezzabile sul piano giuridico e sociale". I Supremi Giudici hanno sottolineato, inoltre, che, essendo la sala vicino all’ingresso, i due uomini avrebbero dovuto sentire i colpi sulla porta, rilevando come il verbo "bussare", inteso nel significato di
"picchiare ad una porta per farsi aprire", venga usato abitualmente come sinonimo di "suonare", vista "l’identica finalità delle due azioni".

In pratica, il lavoratore assente dal lavoro per malattia che non apre al medico fiscale, può addurre come giustificato motivo della non reperibilità alla visita domiciliare di controllo solo quello di avere, nell'occasione, effettuato una visita presso il suo medico di fiducia durante la fascia oraria imposta per legge, e ciò al solo fine di tutelare la propria salute.


Fonti: tra le tante si citano: Cass. n. 4247 del 2.3.2004 e Cass. n. 5000 del 22.5.1999

Art. 2103 c.c. - Mansioni del lavoratore

Il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali è stato assunto o a quelle corrispondenti alla categoria superiore che abbia successivamente acquisito ovvero a mansioni equivalenti alle ultime effettivamente svolte, senza alcuna diminuzione della retribuzione. 










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Nel caso di assegnazione a mansioni superiori il prestatore ha diritto al trattamento corrispondente all’attività svolta, e l’assegnazione alla stessa diviene definitiva, ove la medesima non abbia avuto luogo per sostituzione del lavoratore assente con diritto alla conservazione del posto, dopo un periodo fissato dai contratti collettivi, e comunque non superiore a tre mesi. Egli non può essere trasferito da una unità produttiva ad un'altra se non per comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive. Ogni patto contrario è nullo.