Recentemente la Suprema Corte con sentenza n. 9700/2011 si è espressa accordando anche al soggetto nato dopo la morte del padre causata da fatto illecito di terzi il diritto al risarcimento per il danno patito e patendo da tale mancanza.
Con tale sentenza la Corte dice qualcosa in più rispetto ai precedenti orientamenti giurisprudenziali, non sempre concordi sul punto, e che si fondavano sostanzialmente solo sulle sofferenze patite dalla madre per la morte del marito: sofferente che ben possono degenerare anche in un trauma fisico o psichico, date le condizioni di particolare fragilità fisica e psichica della donna incinta (Corte cost., sentenze n.372 del 1994 e 293 del 1996) e che potevano colpire il concepito indirettamente durante il periodo di gestazione a causa dello stato di prostrazione e sofferenza della madre.
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Il collegio infatti ritiene con la sentenza n. 9700/2011 che "non si ponga alcun problema relativo alla soggettività giuridica del concepito, non essendo necessario configuararla per affermare il diritto del nato al risarcimento e non potendo, d'altro canto, quella soggettività evincersi dal fatto che il feto è fatto oggetto di protezione da parte dell'ordinamento".
Evidenzia infatti la Cassazione come il diritto di credito è vantato dal nascituro in quanto orfano di padre e come tale destinato a vivere senza la figura paterna. Nessun riferimento, pertanto, al trauma potenzialmente subito durante la gestazione.
Va da sè però che tali conseguenze pregiudizievoli si verificano solo a seguito della nascita, momento in cui si concretizza li venir meno del rapporto paterno.
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