Lo Studio Legale Nappo nasce con l’obiettivo di offrire alla Clientela assistenza e consulenza con particolare attenzione alle questioni riguardanti il diritto commerciale e societario, il diritto tributario, il diritto informatico, la contrattualistica, la protezione dei dati, i marchi e brevetti, nonché in ambito di diritto del lavoro e previdenziale, offrendo al cliente strumenti validi e continuità del servizio, serietà, competenza, preparazione e celerità d'azione per rispondere in tempo reale alle problematiche sottoposte. L’attività professionale offerta è sia di carattere stragiudiziale, sia di carattere giudiziale avanti a tutte le Magistrature. Attualmente l'Avv. Milena Nappo è DPO Certificato e Gestore della Crisi da Sovraindebitamento, è inserito nell'elenco dei legali esterni di ANAS Emilia Romagna e del Comune di Terre del Reno, è consigliere del Gruppo Professioni CNA di Ferrara e membro del CID CNA Impresa Donna Ferrara, è consulente per ASPPI Ferrara - Poggio Renatico, e fa parte della prestigiosa associazione Fidapa BPW Italy.

GUIDA IN STATO DI EBBREZZA: COSA SIGNIFICA E QUALI SONO LE CONSEGUENZE?

Guidare sotto l’effetto di sostanze alcoliche comporta numerosissime e spiacevoli conseguenze.

E' notorio che gli effetti dell’ingestione di sostanze alcooliche variano da soggetto a soggetto, essendo strettamente connesse alla sua corporatura, alla tolleranza individuale, al tipo di sostanza ingerita ed alle sue modalità di assunzione (a stomaco pieno o a digiuno); per tali motivi il parametro usato per valutare lo stato di ebbrezza è rapportato alla quantità di alcool assorbita dal sangue.








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La determinazione del tasso massimo di alcolemia (TA) consentito è stato negli ultimi anni oggetto di molta attenzione da parte della Commissione delle Comunità Europee che, con provvedimento n. 2001/115/CE del 17 gennaio 2001, ha raccomandato a tutti gli Stati membri l'adozione di un limite pari a 0,5 mg/ml per tutti i conducenti e pari a 0,2 per i guidatori inesperti e per coloro che conducono veicoli a due ruote, veicoli di trasporto delle merci (con massa superiore a 3,5 tonnellate lorde), autobus (con più di otto posti) e veicoli che trasportano merci pericolose.


In Italia oggi pertanto abbiamo sanzioni differenziate a seconda del livello di alcol presente nel sangue.


IN PARTICOLARE:


Con tasso alcolemico compreso tra 0,5 e 0,8 g/l scatta l’ammenda da 500 a 2 mila euro e la sospensione della patente da 3 a 6 mesi (oltre alla decurtazione di 10 punti); se il tasso è compreso tra 0,8 e 1,5 g/l, oltre all’ammenda (da 800 a 3.200 euro) e alla sospensione della patente da 6 mesi a un anno, è previsto anche l’arresto fino a sei mesi. Con tasso alcolemico superiore a 1,5 g/l le sanzioni sono l’arresto fino a 1 anno, la sospensione della patente fino a 2 anni, oltre a un’ammenda compresa tra 1.500 e 6 mila euro e alla confisca del veicolo con sentenza di condanna.

COSA FARE SE SI VIENE AGGREDITI DA UN ANIMALE?

È sempre più frequente sentire sia di persone aggredite da animali, quali cani di grossa taglia sfuggiti al controllo del proprietario, sia di incidenti cagionati da animali che attraversano improvvisamente la carreggiata.


I rimedi forniti ai danneggiati sono vari ed esperibili sia in sede civile che in sede penale.









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In ambito civile infatti il codice attribuisce al proprietario degli animali la responsabilità per i danni cagionati, salvo che il proprietario non li abbia lasciati a terzi: in tale ipotesi infatti sarà colui il quale si serve di essi a rispondere dei danni che questi cagionino, e ciò per tutto il periodo in cui li utilizza.


La responsabilità del proprietario-custode sussiste sempre, e ciò indipendentemente dal fatto che essi siano nella sua custodia, che siano fuggiti o siano stati smarriti. Si tratta infatti di una forma di responsabilità oggettiva, in base alla quale la colpa per il danno ricade sempre sul proprietario, a meno che questi non dimostri che l’evento era sottratto alla sua possibilità di intervento.


Chi intende agire civilmente per ottenere il ristoro del danno subito, dovrà adire l’autorità giudiziaria Giudice di Pace ovvero Tribunale, in base all’ammontare del risarcimento richiesto, per procedere contro il proprietario-custode dell’animale che ha causato il danno.


Diversamente, in ambito penale è prevista una vera e propria contravvenzione per chi possiede e lascia liberi animali pericolosi, ovvero non li custodisce con le dovute cautele o non li affidi a persone esperte ed abili a governarli. E ciò vale per qualsiasi tipo di animale, e quindi anche quelli da soma, da corsa, etc.


Trattandosi di reato depenalizzato, la pena consisterà esclusivamente in una sanzione amministrativa pecuniaria che verrà posta a carico del proprietario dell’animale a seguito del deposito di atto di denuncia-querela da parte del danneggiato.


Lo scopo che solitamente si vuole raggiungere depositando una denuncia-querela è quello di instaurare un procedimento penale a carico dell’autore del reato (il proprietario dell’animale) nel quale il danneggiato potrà costituirsi parte civile avanti all’autorità giudiziaria penale, ottenendo così la condanna dell’imputato non solo alla pena stabilita per il reato commesso ma anche al risarcimento del danno patito dall’offeso.

COLLEGATO LAVORO: COME VARIANO L'ACCESSO ISPETTIVO, IL POTERE DI DIFFIDA E LA VERBALIZZAZIONE UNICA?

Con l’art. 33 il Legislatore riscrive l’art. 13 del D.L.vo n. 124/2004 prevedendo alcune novità.


Preliminarmente al termine del primo accesso ispettivo al datore viene rilasciato un verbale di primo accesso contenente l’indicazione dei lavoratori trovati e l’attività svolta, la specifica delle attività compiute dal personale ispettivo nonché le eventuali dichiarazioni rilasciate dal datore durante l’accesso ed ogni richiesta utile al proseguimento dell’istruttoria finalizzata all’accertamento degli illeciti.








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Il legislatore affronta, poi, la questione inerente la diffida prevedendo che il personale ispettivo del Ministero del Lavoro possa diffidare entro trenta giorni dalla notifica del verbale unico di accertamento, a regolarizzare le violazioni da cui derivino sanzioni amministrative che siano materialmente sanabili. In caso di ottemperanza il trasgressore è ammesso al pagamento della sanzione pari al minimo edittale, ovvero pari ad un quarto se a misura fissa, entro ulteriori quindici giorni.


Tale istituto è probabile che nell’intenzione del legislatore sia destinato ad applicarsi a tutte le violazioni di tipo “documentale”, oltre a quelle “sostanziali” che in concreto non abbiamo leso il bene giuridico tutelato dalla norma irreversibilmente.


Il collegato lavoro inoltre prevede che a conclusione dell’accertamento si impone al personale ispettivo di redigere un verbale unico indicante gli esiti dettagliati degli accertamenti, e contenente l’indicazione delle fonti di prova degli illeciti riscontrati; la diffida a regolarizzare gli inadempimenti sanabili; la possibilità di estinguere gli illeciti ottemperando alla diffida e provvedendo al pagamento della somma ridotta sopra indicata; la possibilità di estinguere gli illeciti non diffidabili, ovvero quelli ex comma 5, attraverso il pagamento della sanzione in misura ridotta ex art. 16 della legge n. 689/1981; l’indicazione degli strumenti di difesa e degli organi cui proporre un eventuale ricorso, con i termini per il ricorso.


Se il trasgressore e l’eventuale obbligato in solido non forniscono prova dell’avvenuta regolarizzazione e del pagamento, il verbale unico produce gli effetti della contestazione e della notificazione degli addebiti accertati.



Fonte: Legge 4 novembre 2010 n. 183 (c.d. Collegato Lavoro)

COLLEGATO LAVORO: COME CAMBIA L'ASPETTATIVA PER I DIPENDENTI PUBBLICI?

L’art. 18 del collegato lavoro consente ai dipendenti pubblici di “godere” di un’aspettativa di un anno, non retribuita e non valevole ai fini dell’anzianità, per avviare un’attività professionale od imprenditoriale. Tale aspettativa potrà essere concessa a discrezione dell’Amministrazione di appartenenza e solo a seguito sia dell’esame di apposita documentazione sia dopo aver valutato le esigenze organizzative.









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Ovviamente la documentazione da presentare alla PA di appartenenza dovrà riguardare tutti gli elementi riferiti al tipo di attività professionale o imprenditoriale da intraprendere. Nel vaglio della documentazione inoltre dovrebbero rientrare anche gli elementi utili per le iscrizioni agli albi ed eventualmente propedeutici all’esercizio dell’attività stessa.


Particolare attenzione riveste anche la valutazione che la PA deve effettuare in merito alle esigenze organizzative, in particolare qualora il dipendente svolga attività particolarmente delicate che potrebbero non consentire l’accettazione della domanda ovvero potrebbero determinarne la procrastinazione. Al fine di inserire un criterio di operatività per le valutazioni della PA, il legislatore ha richiamato l’art. 23 – bis del D.L.vo n. 165/2001, che prevede l’impossibilità del rilascio del nullaosta in ipotesi particolari (ad es. qualora il lavoratore, nel biennio precedente, sia stato addetto a funzioni di vigilanza e controllo, oppure abbia stipulato contratti, formulato pareri, avvisi, o concesso autorizzazioni in favore di imprese o soggetti presso i quali intende svolgere la propria attività).


Trascorso l’anno di aspettativa, il dipendente che rientrerà in azienda non potrà per un biennio esercitare funzioni di vigilanza, controllo, stipula contrattuale, formulazione di pareri o concessione di autorizzazioni che lo portino a decidere sull’impresa (o eventuali collegate o controllate) per le quali ha svolto la propria attività.


Durante il periodo di aspettativa inoltre non valgono le disposizioni sull’incompatibilità previste dall’art. 53 del D.L.vo n. 165/2001, in quanto il periodo di aspettativa comporta il mantenimento della qualifica posseduta ed è sempre possibile il ricongiungimento, a domanda, dei periodi contributivi.


Tuttavia è escluso dal sistema di autorizzazione così come sopra indicato il personale che appartiene ai corpi militari, di polizia e dei vigili del fuoco.


COLLEGATO LAVORO: COME VARIA IL RAPPORTO A TEMPO PARIZALE NELLA PUBBLICA AMMINISTRAZIONE?

Il Legislatore del Collegato Lavoro ammette la possibilità di “riconsiderare” (entro i sei mesi successivi all’entrata in vigore della legge) i provvedimenti di concessione autorizzati prima dell’entrata in vigore del D.L. n. 112/2008, convertito, con modificazioni, nella legge n. 133/2008. In tal modo quindi il datore di lavoro pubblico potrà rivedere taluni rapporti lavorativi sulla base di criteri di efficienza ed efficacia, ed alla luce dei compiti svolti.










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Ovviamente, le valutazioni della Pubblica Amministrazione dovrebbero essere effettuate tenendo in considerazione una serie di elementi quali il tipo di incarico o di mansione svolta dal lavoratore, il servizio all’utenza che, in ogni caso, deve essere garantito (soprattutto, in quei servizi essenziali, anche alla persona) ed la eventuale carenza degli organici.

Fonte: Legge 4 novembre 2010 n. 183 (c.d. Collegato Lavoro)