In caso di gravi lesioni subite dal figlio all'esito di sinistro stradale, la Suprema Corte di recente ha ritenuto provata la sofferenza interiore e lo sconvolgimento dell'esistenza dei familiari conviventi, riconoscendo loro il relativo risarcimento del danno.
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Con la sentenza n. 7844, depositata l'8 aprile 2011, la Corte di Cassazione, ha infatti stabilito che, in caso di lesioni subite dal figlio convivente in un incidente stradale il giudice deve ritenere provato il patema d'animo patito anche dalla madre la quale, nel caso specifico, sceglie addirittura di abbandonare il lavoro per dedicarsi alla cura del figlio.
A quanto pare, dunque, il discrimen che consente di ottenere anche ai parenti il risarcimento del danno è la convivenza tra la vittima del sinistro ed il familiare-congiunto, e ciò sulla base del principio di diritto che consente la prova di tale danno sulla base di semplici presunzioni.
Come sostiene la Suprema Corte, in presenza dell'allegazione del fatto-base delle gravi lesioni subite dal figlio convivente all'esito di sinistro stradale, il giudice deve (e non può) ritenere provata la sofferenza interiore e lo sconvolgimento dell'esistenza che per la madre che, lo si ripete, nel caso di specie era non solo familiare, ma anche (appunto) convivente della vittima.
Va da sè, quindi, che incombe alla parte a cui sfavore opera la presunzione dare la prova contraria idonea a vincerla, con valutazione al riguardo spettante al giudice di merito.
Fonte: Suprema Corte di Cassazione, Sezione III, sent. 06.04.2011 n. 7844
Come sostiene la Suprema Corte, in presenza dell'allegazione del fatto-base delle gravi lesioni subite dal figlio convivente all'esito di sinistro stradale, il giudice deve (e non può) ritenere provata la sofferenza interiore e lo sconvolgimento dell'esistenza che per la madre che, lo si ripete, nel caso di specie era non solo familiare, ma anche (appunto) convivente della vittima.
Va da sè, quindi, che incombe alla parte a cui sfavore opera la presunzione dare la prova contraria idonea a vincerla, con valutazione al riguardo spettante al giudice di merito.
Fonte: Suprema Corte di Cassazione, Sezione III, sent. 06.04.2011 n. 7844
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