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Suprema Corte di Cassazione - Sezione Prima - Sentenza 24 novembre 2005, n. 24842

SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE
SEZIONE PRIMA CIVILE
SENTENZA 24 novembre 2005, n. 24842
Motivi della decisione
1. Con il primo, complesso motivo (articolo 360, numero 3, Cpc: violazione e falsa applicazione degli articoli 1 e 2 della legge 386/90, come modificato dal D.Lgs 507/99, in relazione agli articoli 42 e 43 Cp e all’articolo 3 della legge 689/81; violazione dell’articolo 115 Cpc con omessa motivazione su un punto decisivo della controversia), il ricorrente - premesso che il conto corrente presso la Banca Popolare Udinese, sul quale gli assegni erano stati emessi, «non risultava connesso ad un contratto scritto di scopertura in conto corrente», pur avendo l’istituto di credito in passato sempre regolarmente pagato gli assegni nonostante il conto fosse in rosso, e che gli assegni protestati successivamente a quello che provocò la revoca dell’autorizzazione ad emettere assegni furono emessi anteriormente alla data del primo protesto (12 ottobre 1999), postdatati o senza data secondo accordi per negoziazioni differite - osserva che la legge 386/90, avendo abrogato gli articoli 116 e 116bis delle disposizioni approvate con il Rd 1736/33, e successive modifiche ed integrazioni, sanziona soltanto l’emissione di assegno senza autorizzazione o senza provvista, non anche l’emissione di assegno senza data o postdatato. Sarebbe arbitrario far coincidere la data di emissione del titolo con la data del protesto ovvero con la data successivamente apposta sull’assegno dal presentatore o dal suo girante che abbia ricevuto l’assegno privo di data di emissione ovvero con una data posteriore a quella della sottoscrizione e della negoziazione, perché l’illecito di cui all’articolo 1 della legge 386/90 si consuma all’atto dell’emissione del titolo senza l’autorizzazione del trattario.

In ordine al difetto dell’elemento psicologico dell’illecito amministrativo, il ricorrente - premesso che per il reato di emissione di assegno mancante di provvista era previsto il fatto scusabile - afferma di avere «fornito documentazione di per sé probante di un accordo (ovviamente tacito) sul quale» aveva “fatto affidamento”, dovendo escludersi che egli «debba rispondere per un fatto imprevedibile (il mancato pagamento di un assegno senza preavviso) che ha messo in ginocchio la sua impresa».

Ad avviso del ricorrente, la sospensione del giudizio di opposizione a sanzione amministrativa, in attesa della definizione della causa di risarcimento dei danni promossa dinanzi al Tribunale di Udine nei confronti della banca per l’improvvisa chiusura del conto, costituiva per il Giudice di pace un atto dovuto per integrare l’indagine sulla oggettiva sussistenza delle violazioni o sulla non sanzionabilità del comportamento.












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1.1. Con il secondo motivo (violazione dell’articolo 8bis, comma 4, della legge 689/81), il ricorrente si duole che il Giudice di pace non abbia preso in considerazione l’introduzione, ad opera del D.Lgs 507/99, dell’articolo 8bis della legge 689/81, che - in quanto norma più favorevole - andrebbe applicato anche agli illeciti compiuti anteriormente alla data di entrata in vigore del citato decreto legislativo. Il ricorrente afferma di non condividere quanto statuito in una recente sentenza di questa Corte (Sezione prima, 3756/01), che ha invece escluso che il regime di cui al citato articolo 8bis possa ricevere un’applicazione retroattiva.

2. Il primo mezzo di impugnazione è in parte inammissibile, in parte infondato.

2.1. Il motivo è inammissibile là dove il ricorrente si duole che siano stati considerati sussistenti gli illeciti amministrativi di emissione di assegni senza autorizzazione sebbene alla data di emissione dei titoli (postdatati o con data lasciata in bianco) - data alla quale occorrerebbe avere riguardo ai fini della consumazione dell’illecito - l’autorizzazione non fosse stata ancora revocata.

La ragione di inammissibilità è duplice.

Per un verso essa risiede nella novità della censura. Infatti, premesso che il motivo del ricorso per cassazione deve investire statuizioni e questioni che abbiano formato oggetto del thema decidendum del giudizio di merito, non essendo consentito proporre questioni nuove fondate su elementi di fatto diversi da quelli fatti valere nella precedente fase, deve ritenersi nuovo il motivo di ricorso per cassazione con il quale si deduca per la prima volta l’insussistenza oggettiva dei contestati illeciti di emissione di assegni senza autorizzazione (e ciò in rapporto al momento in cui i titoli sarebbero stati formati e posti in circolazione), laddove con l’atto di opposizione e in sede di precisazioni delle conclusioni - la cui lettura è consentita trattandosi di verificare una preclusione di ordine processuale - si sia chiesto (in via principale) l’annullamento dell’ordinanza-ingiunzione per la ricorrenza del fatto scusabile, e quindi per il difetto dell’elemento psicologico degli illeciti medesimi.

Per l’altro essa dipende dalla circostanza che con la proposizione della doglianza il ricorrente si limita ad offrire una diversa ricostruzione dei fatti, contrastante con quella accertata nella sentenza impugnata, in tal modo richiedendo un riesame nel merito della vicenda, non consentito in sede di legittimità. Il Giudice di pace di Udine ha infatti accertato, in base alla documentazione prodotta, che il F. ha emesso gli assegni - in relazione ai quali gli sono state contestate le violazioni dell’articolo 1 della legge 386/90, nel testo sostituito dall’articolo 28 del D.Lgs 507/99 - in. data 30 novembre 1999, in data 31 gennaio 2000, in data 28 febbraio 2000, in data 30 aprile 2000 e in data 30 giugno 2000, a fronte di una revoca dell’autorizzazione del 18 ottobre 1999. All’accertamento cui è pervenuto il giudice del merito, il ricorrente oppone il convincimento che gli assegni protestati successivamente a quello che provocò la chiusura del conto sarebbero stati in realtà emessi anteriormente alla data del 12 ottobre 1999 postdatati o senza data secondo accordi per negoziazioni differite; e ciò senza indicare da quali prove la circostanza risulterebbe e senza considerare che l’assunto della divergenza tra la reale data di emissione dei titoli e quella riportata negli stessi abbisogna di una prova rigorosa e che, in difetto di essa, occorre dare la prevalenza a quella risultante dai titoli.

2.2. Inammissibile, difettando l’indicazione nel motivo di ricorso delle precisazioni necessarie a individuare la dedotta violazione processuale, è la censura relativa alla mancata sospensione del giudizio di opposizione ad ordinanza-ingiunzione fino alla definizione della causa di risarcimento dei danni promossa dal F. nei confronti della banca. Difatti, posto che la sentenza impugnata non solo non contiene alcuna statuizione sulla sospensione del processo in attesa della definizione dell’altra controversia ma neppure dà atto della proposizione di una istanza in tal senso da parte dell’opponente, e premesso che una tale istanza non può essere avanzata per la prima volta in sede di legittimità (cfr. Cassazione civile, Sezione terza, 12596/01), il ricorrente avrebbe dovuto indicare in quale atto processuale del giudizio di merito svolto si dinanzi al Giudice di pace egli ebbe a formulare detta richiesta, atteso che questa Corte può accertare il riscontro della lamentata violazione processuale in atti al di fuori del (e diversi dal) ricorso per cassazione solo se esso indichi i riferimenti necessari ai fini di un controllo mirato.

2.3. In relazione alla censura, sollevata sempre con il primo motivo, attinente alla mancata considerazione del fatto scusabile, occorre premettere che la nuova configurazione come illecito amministrativo dell’emissione di assegno senza provvista - discendente dalla depenalizzazione del corrispondente delitto operata dall’articolo 29 del D.Lgs 507/99, che ha novellato l’articolo 2 della legge 386/90 - comporta che l’imputazione soggettiva al traente può essere tanto a titolo di dolo quanto a titolo di colpa, in applicazione della normativa generale in tema di elemento psicologico tratteggiata dall’articolo 3 della legge 689/81.

Ora, con riguardo all’illecito amministrativo di cui all’articolo 2 della legge 386/90, il ricorrente sostiene che basti a dimostrare di avere agito nella incolpevole convinzione di disporre della provvista, l’aver fatto affidamento su un fido precedentemente concesso ed (in passato) onorato dalla banca.

La doglianza non è fondata. L’obbligo della banca di mettere a disposizione del cliente una determinata somma di danaro, cui quest’ultimo abbia la facoltà di attingere nei modi previsti, nasce solo in dipendenza della stipula di un contratto di apertura di credito. Dalla tolleranza di una situazione di scoperto, comunque motivata e ancorché protrattasi per un consistente periodo, non deriva il vincolo per la banca di pagare assegni privi di copertura, di tal che viola il dovere di diligenza media, con conseguente impossibilità di invocare il fatto scusabile, l’emittente che anziché attenersi al dovere di conformare l’andamento del conto al fine di assicurare che in ogni momento vi sia disponibilità del denaro necessario al pagamento dell’assegno nei termini per la presentazione di esso all’incasso - si limiti a fare affidamento sullo svolgimento di un conto passivo con adempimenti reiterati, da parte della banca, di ordini di pagamento di esso correntista, anche in assenza di provvista e nell’ambito dei limiti di rischio dalla stessa banca precedentemente valutati.

3. Il secondo motivo - con il quale il ricorrente si duole della mancata applicazione retroattiva della norma sulla programmazione unitaria nell’illecito amministrativo, di cui all’articolo 8bis, comma 4, della legge 689/81, introdotto dall’articolo 94 del D.Lgs 507/99 – è inammissibile per carenza del necessario interesse ad impugnare.

Difatti la sentenza impugnata ha ritenuto applicabile la nuova disciplina - la quale esclude che le violazioni amministrative successive alla prima siano valutate, ai fini della reiterazione, quando le stesse, commesse in un arco di tempo limitato, sebbene plurime da un punto di vista giuridico-formale, appaiano però espressive di un unico sostanziale episodio di trasgressione - anche agli illeciti posti in essere anteriormente all’entrata in vigore del citato decreto legislativo di depenalizzazione. Ciò risulta dalla pagina 3 della sentenza impugnata, ove si legge che «in data 30 novembre 1999 il ricorrente ha emesso due assegni di lire 10.000.000 cad., senza autorizzazione, entrambi protestati il 3 dicembre 1999, essendo stato il conto corrente n. X della Y, da cui erano stati emessi gli assegni, revocato il 18 ottobre 1999, per cui, ritenuta sussistente la circostanza di cui all’articolo 8bis, comma 4, legge 689/81, ai fini della reiterazione verso il precedente assegno del 30 settembre 1999, si ritiene giusto applicare la sanzione amministrativa di lire 4.000.000, ritenendosi appunto le violazioni commesse in tempi ravvicinati e riconducibili ad una programmazione unitaria».


4. Il ricorso deve, pertanto, essere respinto. Nessuna statuizione deve essere emessa sulle spese, non avendo il Prefetto di Udine svolto attività difensiva nel giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma il 5 ottobre 2005.
DEPOSITATA IN CANCELLERIA IL 24 NOV 2005.

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